TENERE APERTI GLI EDIFICI SCOLASTICI TUTTA L’ESTATE

Gianluca Cantisani (responsabile MoVI del progetto nazionale Scuole Aperte Partecipate in Rete)

Il MoVI (Movimento di Volontariato Italiano) (  https://www.movinazionale.it/) è impegnato con un progetto di rete nazionale delle “Scuole Aperte Partecipate”in 14 città e si interroga su cosa fare in questo momento di grande incertezza per attivare processi di coinvolgimento delle comunità scolastiche e territoriali che possano affrontare le nuove situazioni e trovare, luogo per luogo, soluzioni appropriate.

Gli edifici scolastici sono la più grande infrastruttura del paese; oltre al servizio pubblico scolastico possono essere utilizzati come luogo d’incontro (simbolico e reale) della comunità per ricostruire un proprio progetto di futuro e di dialogo tra le generazioni. Una proposta per ritessere i legami di comunità ed anche a prepararsi alla ripartenza della scuola non lasciando indietro nessuno è mettere a disposizione da giugno a settembre gli edifici scolastici  con il volontariato dei cittadini responsabili e disponibili a tenerli aperti per la propria comunità.

La proposta parte da due premesse. In primo luogo bisogna tener conto delle scelte governative per l’emergenza sanitaria su scuola ed educazione; tuttavia su questi temi “non basta obbedire alle norme emanate” (1) ma la legge, pena la sua inefficacia, è obbligata a passare attraverso la partecipazione responsabile dei cittadini. Che vanno coinvolti perché la cultura della responsabilità si costruisce insieme nella società, a partire sì dalle indicazioni date, ma attraverso la sperimentazione comune di soluzioni locali e appropriate che spettano ai cittadini di ogni territorio.

In secondo luogo la riorganizzazione della scuola pubblica per l’emergenza sanitaria potrebbe pesare sull’efficacia delle azioni sin qui messe in campo per il contrasto alla dispersione scolastica; se si dovessero ridurre le ore di scuola in presenza questa soluzione allontanerebbe le fasce più fragili dalla scuola ed amplierebbe la dispersione scolastica.

In definitiva le scelte, qualsiasi esse siano, non possono prescindere da un coinvolgimento attivo e propositivo della società tutta che si muove intorno alla scuola e all’educazione dei giovani e da una visione intera della società che faccia uscire la scuola dall’autoreferenzialità e la includa all’interno di una comunità territoriale che ha risorse e competenze diffuse.

La scuola pubblica, se lasciata sola nell’emergenza sanitaria, non può che “perdere” la sua difficile battaglia.

Se le risorse umane e gli spazi a disposizione sono gli stessi può inventarsi qualsiasi soluzione ma sempre dovrà lasciare a turno a casa bambini e studenti, o diminuire le ore e le possibilità in presenza, riducendo la sua funzione sociale ed educativa.

Se la scuola pensa a se stessa come ad una organizzazione chiusa non può che finire così; ed avremo assistito ad una storia già scritta in partenza, all’allontanamento di decine di migliaia di giovani e delle loro famiglie a cui chiederemo di arrangiarsi da soli. Si tratterebbe del fallimento della scuola pubblica ed anche delle politiche sulla dispersione scolastica degli ultimi 10 anni.

La domanda diventa quindi se la scuola pubblica ha una possibilità diversa di uscire da questo gioco a somma zero e trovare una soluzione a questa emergenza senza rinunciare alla sua funzione di guida e formazione per il paese ?

La possibilità c’è ed è semplice anche a farsi se solo si esce dalla visione, purtroppo molto diffusa, nella scuola pubblica, di una scuola chiusa che deve risolvere i problemi all’interno del suo fortino senza saper usare le risorse che ci sono fuori dai cancelli degli edifici scolastici. Basterebbe invece coinvolgere la società intera come supporto della scuola pubblica in un momento di grande bisogno. Una società italiana che ha dimostrato una grande solidarietà, che si è mobilitata per non lasciare nessuna/o da solo e che ha messo in campo risorse straordinarie di vicinato, di prossimità, di volontariato.

Ciò che sta funzionando sono i legami all’interno di ogni territorio, tra i vicini di casa/quartiere/paese, tra le famiglie di una stessa scuola, tra chi ha bisogno e le realtà di volontariato già presenti nei contesti più difficili, tra gli utenti e le realtà del welfare del terzo settore impegnate con servizi sui territori più fragili.

Anche nella scuola sono i legami tra organizzazione scolastica, famiglie e territorio di riferimento che stanno permettendo il sostegno a tanti bambini e studenti e alle loro famiglie con l’apporto della comunità educante del territorio che sostiene l’integrazione di chi manca all’appello a distanza. E ne viene fuori un insegnamento importante: laddove la scuola si è aperta al territorio e si è costruita una rete con le famiglie e con il territorio, aprendo la scuola al pomeriggio e alla collaborazione con i genitori e con i cittadini, è stato possibile riprendere i legami con chi si è perso, riallacciare un contatto scolastico e con le famiglie. Laddove la scuola è ancora chiusa e sola è molto più difficile riallacciare un legame che era basato unicamente sulla presenza alle lezioni e questo nonostante gli sforzi personali di tanti docenti che non si rassegnano e che provano a cercare tutti gli studenti con tenacia.

Chi ha praticato la scuola aperta al territorio sa che abbiamo a portata di mano una possibilità preziosa per non lasciare  sola la scuola pubblica ed aprire finalmente la porta dei nostri edifici scolastici per permettere che la comunità educante si prenda carico di quello che manca e colmi i vuoti.

In Italia sono state centinaia le scuole che hanno aperto alla partecipazione dei propri studenti, dei genitori, dei cittadini del territorio, che tengono aperta la scuola al pomeriggio, la sera, il sabato, la domenica, l’estate. Per svolgere anche attività di ampliamento dell’offerta formativa ma soprattutto sono diventate luoghi d’incontro al di fuori dell’orario scolastico degli studenti, dei genitori, dei cittadini tutti, delle realtà di volontariato e del terzo settore di un territorio. Veri e propri poli civici, dove avviene l’incontro tra le generazioni, tra le diverse componenti di una comunità territoriale, tra le agenzie educative, dove si costruisce la comunità educante (2).

Alla scuola pubblica ed agli enti locali il compito della governance di questi processi che, tuttavia, appartengono e devono essere lasciati alla gestione diretta delle comunità territoriali che hanno dimostrato di saper trovare soluzioni appropriate al proprio contesto ed ai propri bisogni.

Una proposta operativa:

Sappiamo che la scuola pubblica non è organizzata per aprire la scuola d’estate e che i centri estivi non sono la soluzione alla emergenza educativa e sociale ma le istituzioni possono invece sostenere l’azione e lasciarla fare agli studenti e ai cittadini di ogni comunità che possono tenere aperti gli edifici scolastici con il volontariato tutta l’estate mettendo a disposizione le riserve di gratuità che sono enormi nel paese (genitori, insegnanti in pensione ed in servizio, cittadini attivi, pensionati, volontari delle associazioni, ex alunni, giovani).

Come è già successo a centinaia di scuole d’Italia dove i genitori o le associazioni o gli amministratori locali hanno le chiavi e aprono l’edificio scolastico dopo l’orario scolastico per tante attività condividendone la gestione.

Solo a Roma e a Milano, ad esempio, ci sono oltre 30 associazioni di genitori che possono già farlo e che sono in grado di tutelare il bene comune e di pensare al bene dei bambini mettendo a disposizione le proprie risorse di volontariato per permettere a tutta la comunità del territorio di partecipare e di ridare questa estate uno spazio di socializzazione ed elaborazione ai bambini. Ai cittadini di una comunità chiediamo un impegno gratuito e di volontariato per accompagnare la scuola della propria comunità, alle istituzioni chiediamo di costruire le condizioni per permettere ad una comunità di sperimentare le proprie soluzioni.

(1) Zagrebelsky, Se non basta obbedire, Repubblica 30/04/2020 prima pagina

(2) L’esperienza di riferimento da 15 anni è quella della scuola Manin/Di Donato di Roma – www.genitorididonato.it