ECOMUSEO CASILINO Patrimonio condiviso e partecipazione per lo sviluppo locale sostenibile

Il gioco è bello

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L’Ecomuseo Casilino è un progetto che nasce nel 2010 e si consolida nel 2012 con la nascita dell’omonima associazione. In quanto “ecomuseale” il progetto ha una dimensione territoriale molto marcata, che si sostanzia in una triplice attività:

  • ricerca orientata alla salvaguardia del patrimonio culturale materiale e immateriale del territorio di riferimento;
  • pianificazione urbanistica partecipativa dell’area del Comprensorio Casilino e dei quartieri limitrofi attraverso la creazione di un sistema culturale diffuso, libero e integrato con la componente ambientale
  • creazione di un modello di sviluppo locale fondato sulla valorizzazione del patrimonio culturale riconosciuto come “proprio” dalle comunità locali

L’area di riferimento è dunque il Comprensorio Archeologico Casilino, una vasta area verde largamente privata posta tra Via Casilina, Via Acqua Bullicante, Via Prenestina e Via Tor de’ Schiavi. L’attività di ricerca parte da questo nucleo originario e si estende ai quartieri che “confinano” con il perimetro del comprensorio: Casilino, Centocelle, Collatino, Gordiani, Pigneto, Quadraro Vecchio, Tor Pignattara.

Attraverso lo studio delle fonti ma soprattutto attraverso l’interazione con le diverse comunità residenti, siano esse di origine italiana o non, stiamo evidenziando la grande ricchezza culturale dell’area, in opposizione alla narrazione tradizionale che la dipingeva come luogo privo di interesse, marginale e degradato.

Strumento essenziali sviluppato dall’Ecomuseo sono quindi le mappe di comunità, intese sia come censimento del patrimonio culturale, sia come come linea guida per la costruzione di percorsi di interpretazione e fruizione del territorio. Sono mappature che definiscono cosa sia il patrimonio condiviso dalle comunità e ovviamente non hanno il ruolo di distinguere cosa sia patrimonio culturale e cosa non lo sia, ma solo di indicare quello che è riconosciuto dalle comunità residenti.

Coerentemente con il dettato ecomuseale, la nostra attività verte nell’individuare e collegare le diverse risorse culturali che i cittadini residenti valutano come patrimonio condiviso e rappresentativo del territorio e delle comunità che lo abitano. Per tale motivo organizziamo visite guidate, attività laboratoriali, seminari e giornate di studio. Un’altra attività preponderante è quella didattica, svolta all’interno delle scuole di ogni ordine e grado e finalizzata sia a promuovere la conoscenza di questo patrimonio, sia a formare nuovi facilitatori ecomuseali.

LO SPAZIO ESPOSITIVO

Un ecomuseo non è un museo tradizionale. Per definizione è un museo fuori dal museo, ovvero uno spazio espositivo diffuso, dinamico e libero che nasce dall’attività di riconoscimento, insieme alle comunità locali, di quel patrimonio culturale (materiale e immateriale) ritenuto importante, pregnante, identitario, fondante per gli abitanti del territorio di riferimento. Un patrimonio riconosciuto e fruibile attraverso percorsi frutto dell’attività di ricerca e dell’attività di ingaggio delle comunità locali. Percorsi “curati” in modo polifonico, da diversi soggetti, secondo competenze, ispirazioni, visioni e prospettive. Una curatela collettiva dello spazio espositivo che necessariamente si esplica nello spazio del quotidiano.

Anche l’arricchimento del patrimonio culturale avviene principalmente nello spazio pubblico, in particolare quello immateriale. Basta pensare alle performance rituali o tradizionali, agli eventi di comunità, a quelli festivi, religiosi, anche all’attività ludica organizzata o meno e alle manifestazioni delle concezioni del mondo.

In questo processo di ampliamento dinamico delle patrimonio disponibile, gioca un ruolo fondamentale l’arte pubblica, in particolare il muralismo, che nei quartieri del Pigneto, Quadraro Vecchio e Tor Pignattara ha assunto ampiezza e ricchezza ragguardevole, tanto da essere riconosciuto come tale non solo dalle comunità locali, ma anche dall’amministrazione, dagli enti di ricerca e dalle autorità di tutela e salvaguardia.

In tal senso il museo a cielo aperto che è possibile visitare in questi quartieri si caratterizza per una complessità in termini stilistici ed estetici particolarmente significativo. Dal punto di vista curatoriale si può assistere a una dinamica plurale, in quanto oltre a quella di discenza ecomuseale, esistono altre pratiche di definizione, collegamento e costruzione dei percorsi di fruizione della collezione disponibile.

L’Ecomuseo, in tal senso, è antesignano di questa pratica di musealizzazione dello spazio pubblico in quanto attraverso l’apposita mappa di comunità realizzata nel 2012 ha iniziato a intercettare, nella collezione disponibile, quelle risorse patrimoniali considerate dalle comunità come patrimonio collettivo, riconosciuto, importante. Costruendo così i primi percorsi di fruizione (CoWall: i muri di comunità / Crepe urbane: viaggio nei murales antifragili / Dalle Catacombe al condominio: viaggio nell’arte come auto-narrazione di comunità etc.).  Oltre a ciò l’Ecomuseo (in collaborazione con il CdQ Tor Pignattara) ha prodotto direttamente delle opere (Cinema Impero, Acqua Bullicante, Via Natale Palli, Via Pietro Rovetti, Via Casilina, Via della Marranella) e contribuito alla produzione di almeno altre 30 opere. Attività questa parallela a quella del progetto di musealizzazione portato avanti da M.U.Ro al Quadraro Vecchio e non riducibile alla semplice pratica della visita guidata illustrativa.

RIGENERAZIONI

Il processo di costruzione di nuovo senso nello spazio pubblico portato avanti dall’Ecomuseo Casilino è a pieno titolo un processo di ri-generazione. Prima di tutto simbolico e immaginativo, in quanto il processo ha avuto l’obiettivo di generare nuovamente (rigenerare) senso in un territorio che era stato progressivamente depauperato di tutti i riferimenti e quindi privato di un’autonoma narrazione.

Un processo che aveva portato alla dissoluzione del rapporto di connessione sentimentale tra comunità e territorio, un esito nefasto che aveva trasformato un “luogo” in un “non luogo”, essicando le fonti di produzione di immaginario.

La pratica di rigenerazione simbolica dello spazio del quotidiano è stata quindi la spinta che ha prodotto un fiorire di iniziative, abilitando così i cittadini a farsi portatori di nuove richieste, istanze, progetti, produzioni, creazioni.

S.TA.RT

L’attività di produzione artistica nello spazio pubblico ha portato l’Ecomuseo a riflettere sul senso della pratica in sé. In un tempo di scarsa attenzione ai processi, insieme ad altre realtà delle città di Roma ha promosso la nascita di ST.AR.T, una pratica permanente di riflessione intorno all’arte che si sviluppa nello spazio del quotidiano e degli esiti che essa produce nei vari ambiti in cui è coinvolta.

È un modello che s’incarna in modo peculiare in una serie di eventi pubblici volti a condividere diversi punti vista orientati all’emersione delle domande cardine della questione di fondo. Si parla tanto di street art, arte pubblica, arte urbana. Se ne parla con un atteggiamento spesso naif, dando per scontato tantissimo, non domandandosi altrettanto. Non si discutono le esigenze che muove l’arte sviluppata nello spazio del quotidiano (pubblico e privato), le soluzioni che propone, gli esiti che produce. In tal senso non si mette mai veramente a fuoco la sua capacità ci creare nuovo senso a partire dall’esistente, confondendo questa spinta ri-generativa con l’attività materiale della riqualificazione tecnico-economica del territorio.

Nella forma pubblica del “non convegno” ST.AR.T. non prova a rispondere ma a porre nuove domande sul tema del rapporto tra Arte, Comunità e Territorio. L’obiettivo di massima è affrontare le questioni connesse alla definizione, alla rappresentazione, al ruolo, alle funzioni dell’arte pubblica per: offrire conoscenze e competenze condivise attraverso le esperienze realizzate e consentire di costruire insieme una “cassetta degli attrezzi”; sollecitare sperimentazioni, tenendo conto degli impatti e della scalabilità delle soluzioni proposte.

L’argomento principale di START non è quindi tanto la Street Art, tantomeno l’“arte di strada”, ma arte urbana e nello specifico: pittura urbana nella sua declinazione nota come muralismo (nelle diverse declinazioni e dimensioni). La Street Art è una pratica spontanea a responsabilità individuale. Senza il suo avvento non avremmo il muralismo. Per questo quella che definiamo Arte Urbana non è che Street Art organizzata e a responsabilità condivisa, in dialogo con le istituzioni.

L’ecosistema generativo di questo fenomeno ha compiuto 20 anni e ha già maturato una sua tassonomia condivisa delle pratiche. È opinione comune, sia nella comunità artistica che scientifica, che per Street Art si intenda l’applicazione del paradigma così sintetizzabile: “per fare una cosa bella nello spazio pubblico non devo chiedere il permesso”. La Street Art si riferisce quindi alla categoria estetica del “bello” (l’arte contemporanea, invece, si riferisce alla categoria estetica “dell’interessante”) e questo “bello” deve essere sincronico con la sfida all’auctoritas.

Non è quindi la Street Art il tema del nostro convegno, non sfidando questa iniziativa nessuna autorità se non quella della passività e non è nemmeno la creatività. START si propone invece di indagare e problematizzare la relazione tra arte, vita ordinaria e la gestione dei suoi esiti nei vari ambiti coinvolti, con particolare riferimento alla città e alla cittadinanza.

ST.AR.T nasce da un’idea di Stefano Antonelli (999 Contemporary), Ledo Prato (Mecenate 90) e Claudio Gnessi (Ecomuseo Casilino) e si apre a tutte le realtà italiane che vogliono contribuire a migliorare questo approccio alle tematiche proposte.

Autore: Claudio Gnessi