Verso la 2° biennale dello spazio pubblico

nella foto: Piazza, di Alberto Giacometti,1947,Museo Guggenheim Venezia

La 1° Biennale dello spazio pubblico che si è svolta a Roma nel mese di maggio ha interpretato un’urgenza, che è culturale ancor prima che disciplinare, di comprensione del destino della città pubblica in una fase politica ed economica densa di incertezze che fa prevedere una forte contrazione delle politiche di welfare accompagnata da una più accentuata privatizzazione dell’economia.
Il valore strategico dello spazio pubblico è affermato dalla Carta di Lipsia che gli assegna un ruolo di primo piano sia nelle aree periurbane per migliorare l’offerta di servizi e contrastare il disagio sociale sia nelle aree centrali dove il patrimonio architettonico e culturale che sta a fondamento dell’identità collettiva è considerato un bene comune , non solo oggetto ma anche categoria relazionale che riassume in sé i rapporti che gli individui hanno tra loro, con la storia della comunità e con il contesto naturale e artificiale. In quanto tale, in linea con quanto afferma la Convenzione europea del paesaggio, non può essere mercificato e contrattato sul mercato delle privatizzazioni.
Questo valore strategico è emerso nelle sessioni tematiche della biennale insieme ad altri aspetti problematici e a molte indicazioni positive portate da diversi attori della città: dalle Amministrazioni impegnate a rendere più accessibile e inclusiva la città, consapevoli che la qualità dello spazio pubblico concorre alla coesione sociale e ad attrarre investimenti, risorse umane creative e turismo culturale; dai progettisti che riscoprono nello spazio pubblico il nesso tra architettura ed urbanistica e prestano ascolto alle indicazioni dei cittadini che a loro volta “inventano” spazi di relazione, li difendono e li valorizzano affermando un diritto/dovere di cittadinanza che va oltre la divisione delle competenze tra pubblico e privato ; dal mondo della ricerca urbanistica e sociale impegnato a comprendere cosa compromette o rafforza la qualità urbana e la coesione sociale ; dal mondo dell’arte che va nelle strade con l’arte pubblica e si fa promotore di un rinnovamento culturale che coinvolge la città. Questi ed altri saranno i protagonisti della seconda Biennale che dovrà raccogliere la sfida impegnativa di una crisi economica e politica più grave del previsto che indurrà ad un’”austerità urbanistica” per la quale si dovranno individuare gli strumenti di intervento più idonei.
Nella lingua cinese, permeata degli equilibrismi confuciani, la parola “crisi” ha un doppio significato: minaccia e opportunità. Nella piena consapevolezza delle minacce che incombono si potranno cogliere le opportunità se si riuscirà ad approfondire una serie di temi che in buona parte già sono emersi nella prima Biennale.
Il tema delle risorse economiche per realizzare e per manutenere gli spazi pubblici appare come primario a causa dei limiti di spesa delle pubbliche amministrazioni. Se è vero che le situazioni di crisi risvegliano nella società istinti egoistici ma anche spirito comunitario, andranno colte, approfondite e diffuse quelle pratiche di sussidiarietà sociale che vedono i cittadini protagonisti della realizzazione e gestione no profit di spazi ad uso collettivo. Dal canto delle Amministrazioni è d’obbligo una maggiore severità contabile a favore della città pubblica nel rapporto con gli operatori privati: non è più dilazionabile la regolamentazione delle modalità di calcolo del surplus di valore derivato dai programmi di rigenerazione urbana che finora è stato calcolato con grande approssimazione anche nei casi in cui era definita la percentuale quantitativa da assegnare alla città pubblica.
Il tema dei beni comuni, grande categoria a cui ascrivere gli spazi pubblici, va oltre gli steccati ideologici del passato, accomuna ceti, culture, religioni diverse, nella riscoperta di quel patrimonio che è di tutti, che induce a maggiore responsabilità e a pratiche di autogoverno. E’ un tema che appassiona non solo alcuni soggetti sociali ma anche alcuni Comuni impegnati a rivisitare i valori fondativi della pubblica amministrazione.
Il tema dell’ housing sociale presenta aspetti nuovi e interessanti per i suoi riflessi sugli spazi pubblici di relazione. Troppo spesso nei programmi contrattati con gli operatori privati le aree a standard sono state confinate nelle zone più marginali e inaccessibili e le opere pubbliche lasciate irrealizzate in un prolungato limbo. Nell’ housing sociale vediamo impegnati investitori responsabili come le Fondazioni bancarie, i fondi etici, che investono sul lungo periodo, si responsabilizzano nella gestione e manutenzione delle parti comuni e degli spazi pubblici. Nella progettazione degli insediamenti si registra un sensibile spostamento da una ricerca tutta formale dell’oggetto architettonico ad una maggiore attenzione all’organicità dell’intervento e alle relazioni tra spazio ad uso collettivo e spazio privato.
A causa della crisi economica sarà più acuto il rischio di un indebolimento della coesione sociale, con ripercussioni sul welfare, sulla scuola, sulle relazioni intergenerazionali, sull’inclusione sociale degli immigrati. Quanto i buoni progetti e la buona gestione di spazi e servizi pubblici potranno contribuire alla coesione sociale, all’integrazione degli immigrati che sono ormai una quota consistente e decisiva della popolazione, all’ identità positiva di quei quartieri delle periferie metropolitane dove più acuti si manifestano i conflitti?
La crisi, per la quale si invoca la ricetta della crescita e quindi dei consumi, potrebbe condurre ad apprezzare di più quei consumi legati alle relazioni sociali e agli spazi culturali di prossimità come le biblioteche pubbliche. Sono 15 mila nel nostro paese,per lo più obsolete, che raramente corrispondono agli stili di vita e ai tempi della vita quotidiana contemporanea. Abbandonarle al loro destino o rinnovarle? Ci sono buone esperienze italiane, nel nord Europa si sperimentano modelli ibridi che vengono incontro agli stili di vita prevalenti nella società contemporanea. Il rinnovamento di un patrimonio pubblico scarsamente utilizzato è un obiettivo praticabile.
Il tema delle “smart cities” non può essere disgiunto dal ruolo centrale assunto dall ‘informatica e dal web nella vita lavorativa e nella sfera privata. Quale rapporto tra piazze fisiche e piazze virtuali? Il web conduce ad una definiva privatizzazione della vita quotidiana o può essere una grande opportunità per una rivitalizzazione della vita pubblica? Quanto la pianificazione urbanistica e la progettazione architettonica tengono in considerazione questa epocale rivoluzione tecnologica?
A fronte di una crisi che probabilmente avrà forti ripercussioni sulle categorie più deboli e svantaggiate è doveroso assicurare accessibilità e garantire sicurezza soprattutto ad anziani,bambini,disabili. I progetti di spazi pubblici considerano spesso in modo separato le esigenze dei diversi soggetti sociali deboli: una visione più ampia dei problemi legati all’accessibilità, più partecipata, può portare a concepire spazi pubblici che non siano costruiti su layout differenti per ogni categoria svantaggiata ma ideati sulla base del principio” una città per tutti “, rigenerata con una rete che dia continuità ai percorsi, da quelli pedonali ai nodi di scambio intermodali accessibili e organizzati in termini di mobilità sostenibile. Trasversale a tutti i temi citati è la sostenibilità ambientale, non più relegabile alle sole energie alternative.
Su questi temi sommariamente enunciati si concentra il programma,“un viaggio biennale nei Comuni delle buone pratiche”, redatto dal gruppo di studio INU-Cittalia (Fondazione ricerche ANCI) che prevede la realizzazione di seminari tematici di approfondimento da svolgersi nel periodo gennaio 2012- marzo 2013 in Comuni che abbiano attuato piani e progetti ascrivibili a buone pratiche di valorizzazione degli spazi pubblici. Con questo tour nei Comuni delle buone pratiche si giungerà alla Biennale del 2013 dove saranno replicate le iniziative già svolte nella prima edizione che hanno dato buon esito,come i concorsi e le mostre e riportati gli esiti degli incontri tematici svolti nei Comuni delle buone pratiche con l’obiettivo di formulare una griglia di indicatori di qualità, parte integrante di un “carta dello spazio pubblico” che potrebbe rappresentare il sigillo della seconda edizione della Biennale dello spazio pubblico.