Il percorso della Biennale

Intervento di Mario Spada nella sessione plenaria di apertura


Siamo da tempo testimoni di trasformazioni che modificano radicalmente il panorama urbano, che alterano nei fatti quel delicato equilibrio tra spazi pubblici e spazi privati, tra residenze e servizi collettivi , tra città privata e città pubblica che costituisce a nostro avviso l’essenza del fare urbanistica. Assistiamo a processi di trasformazione urbana che quotidianamente ci costringono a nuove riletture e a rivedere quei saperi tecnici e professionali ai quali eravamo abituati. Poco più di  quaranta anni fa, nel 1968, il decreto sugli standard urbanistici definì la dotazione minima, per ogni abitante insediato, “di spazi pubblici o riservati ad attività collettive, a verde o a parcheggi”. Una norma importante che indicava la quantità di beni collettivi garantiti dallo Stato, e che divenne la bandiera di tante battaglie per una città pubblica migliore. Tuttavia da tempo sappiamo che non è più sufficiente a garantire sia l’effettiva dotazione sia la qualità di questi stessi beni. Quali attività collettive e spazi pubblici sono oggi  prioritari? Qual’è il valore d’uso e quali sono  le condizioni fisiche degli spazi pubblici esistenti? Come si ottengono davvero qualità e sostenibilità urbana ? Nel corso degli ultimi 40 anni si sono registrate molte trasformazioni sociali ( invecchiamento, immigrazione, nuove abitudini e stili di vita) che hanno modificato la domanda sociale e reso obsolete alcune strutture ( si pensi a quante scuole medie sono state abbandonate negli ultimi anni). Quanto agli spazi pubblici effettivamente realizzati e ai servizi annessi la loro effettiva manutenzione è stata ridotta molto a causa delle difficoltà economiche delle amministrazioni locali. Il tema delle risorse per la manutenzione urbana, soprattutto della componente pubblica, è divenuto centrale come ha sottolineato lo stesso recente congresso INU .Nel corso di qualche decennio si è verificato un totale rovesciamento dei ruoli tra pedone ed automobile, con una netta prevalenza di quest’ultima nell’occupazione dello spazio urbano e nelle abitudini sociali. Assistiamo a fenomeni quali la vera e propria “vetrinizzazione” dei centri storici; al degrado degli spazi comuni e all’inadeguata dotazione di servizi nei quartieri di edilizia pubblica, anche per impostazioni progettuali che a distanza di tempo mostrano evidenti difetti di valutazione spaziale e sociale. I cosiddetti “non luoghi” o “super luoghi” (centri commerciali, multiplex ecc)  funzionano da potenti attrattori ne vasti territori metropolitani della dispersione insediativa, ma sono chiusi in sè stessi e affermano perentoriamente la loro estraneità al territorio circostante. Lo spazio pubblico come elemento strutturante del tessuto urbano, elemento di connessione tra vita privata e vita pubblica, luogo di formazione della coscienza civile, è sempre più offuscato, in sintonia con un offuscamento del concetto più generale di spazio pubblico, avversato da un diffuso  individualismo e antistatalismo. L’ideologia dell’”ognuno padrone in casa sua” pretende di smantellare l’idea stessa di bene comune e si vorrebbero privatizzare anche le spiagge. Per questi motivi nell’ambito di INU Lazio ci siamo interrogati sulla qualità degli spazi pubblici nella concreta città che viviamo quotidianamente, su come riportare al centro della nostra attenzione, di urbanisti e di cittadini, il tema dello spazio pubblico urbano inteso come bene comune. Ne è nata una risposta che aspira ad aprire una più vasta attività di riflessione, di studio, di confronto: organizzare un evento periodico, una biennale appunto, per sollecitare il dibattito e costituire nel tempo un osservatorio permanente sulle condizioni di salute dello spazio pubblico; sui progetti realizzati e le ricerche utili a ridefinire nuovi parametri di  pianificazione e progettazione; su vecchi e nuovi diritti di cittadinanza; sulle pratiche urbane e sul ruolo determinante dei cittadini nella difesa e nella valorizzazione degli spazi pubblici considerati beni comuni, inalienabile patrimonio collettivo, senza il quale muore la convivenza civile e con essa la città così come storicamente l’abbiamo sempre intesa.La proposta di una biennale, che ci sembrava all’inizio troppo ambiziosa per le nostre scarse risorse, ha trovato subito l’adesione di sette sezioni regionali dell’INU, della Facoltà di Architettura dell’Università Roma Tre, della Cornell University di Roma, della Facoltà di Ingegneria della Sapienza Università di Roma, è stata sostenuta dalla Provincia di Roma e dalla Casa dell’ Architettura, patrocinata dalla Presidenza della Repubblica, Ministero ambiente, Ministero Beni culturali, MIUR .L’idea della Biennale non solo come evento puntuale ma come percorso di approfondimento, di confronto e di iniziativa ci è sembrata fertile. Se parliamo di percorso è perché durante +l’ultimo anno una serie di iniziative si sono realizzate: a Torino la sezione INU Piemonte, assieme al Comune, ha promosso un convegno “Spazio pubblico: progetto, risorse e cittadini” cui hanno preso parte i vincitori e menzionati del concorso “Metamorfosi”; la sezione INU Emilia Romagna con la Provincia di Bologna ha promosso un laboratorio di progettazione per gli spazi pubblici di piccoli comuni; la sezione INU Veneto ha attivato, con il sostegno della Regione, la ricerca “Abitare al femminile”; INU Lazio ha attivato seminari presso la Facoltà di Ingegneria su indagini ed esperienze di progettazione di spazi pubblici; Cornell University ha promosso un seminario sulla privatizzazione dei servizi pubblici.Lungo il percorso sono stati banditi tre concorsi: uno di fotografia, rivolto agli studenti, uno di progettazione partecipata ed uno riferito agli spazi pubblici realizzati dalle Pubbliche Amministrazioni. Per questi due ultimi abbiamo incontrato l’adesione dell’ANCI, dell’ Ordine degli architetti di Roma e de “Il Giornale dell’Architettura”. Poi l’incontro con il premio europeo dello spazio pubblico promosso con altre istituzioni europee dal Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona. Al di là dei partner istituzionali è stato un percorso di progressivo avvicinamento di tanti ricercatori, docenti, progettisti, associazioni culturali, che hanno fatto propria l’idea della Biennale grazie al potere comunicativo del sito web, aperto oltre un anno fa, che ha funzionato come formidabile aggregatore,con circa 400 visite al giorno nell’ultimo mese.E’ stata per noi una lezione di sociologia della comunicazione. Grazie ad internet , paradigma della globalizzazione della conoscenza, abbiamo raccolto numerose richieste di adesione che altrimenti non sarebbero giunte, comprese molte provenienti da altri paesi, come Olanda, Spagna, Germania, Stati Uniti, e alcune anche imprevedibili, come quelle provenienti dalla Colombia, dal Messico, dalla Nigeria.Ha rappresentato una piazza virtuale, un po’ anarchica, com’è nella natura di Internet, che ha riproposto  in qualche modo  le piazze delle nostre città di provincia di qualche decennio fa dove si formavano capannelli più o meno numerosi che dibattevano di affari e più spesso di politica. Allo stesso modo piuttosto spontaneamente si sono formate aggregazioni più o meno numerose sui singoli temi. Aggregazioni che hanno seguito le vie orizzontali proprie della rete e solo in seconda battuta hanno raggiunto la verticalità delle istituzioni. E’ stata una conferma delle potenzialità della rete ma anche conferma del paradigma infrangibile della piazza. Piazza che al giorno d’oggi si manifesta come intreccio di spazio fisico e virtuale, nuovo spazio comune prezioso per la conoscenza e, aggiungo, per la democrazia, come dimostrato da recenti avvenimenti di rivolta popolare che hanno visto la saldatura tra luoghi tradizionali di ritrovo collettivo (le piazze storiche) e network sociali che si organizzano grazie alle tecnologie informatiche. Sulla base di un canovaccio diviso in due parti distinte (“progettare, realizzare, governare”  e “voci e protagonisti”) è stata creata una struttura portante delle diverse sessioni tematiche che hanno lasciato ampi margini di discrezionalità ai coordinatori delle sessioni e libero accesso a coloro che intendevano partecipare con un paper o un caso di studio. Con questa originaria distinzione si è voluto affermare che i destini  dello spazio pubblico sono affidati a nuovi equilibri da costruire nel  rapporto tra la formalità del piano e delle norme e l’informalità delle azioni dei cittadini e del capitale privato. Nuovi equilibri che vedono come perno della bilancia la pubblica amministrazione, la quale è sfidata a svolgere il ruolo di interprete e mediatrice tra interessi pubblici e privati sia con l’innovazione delle procedure riferite ai tempi lunghi del piano, sia con la dotazione di nuovi strumenti di  conoscenza e decisione per rispondere ai tempi rapidi delle trasformazioni reali e dei conflitti che ne derivano. E tra questi strumenti la partecipazione dei cittadini, delle forze sociali ed economiche, su un piano di sostanziale parità, assume una particolare importanza e richiede adeguate forme di realizzazione . Si è dato ampio margine discrezionale ai coordinatori delle sessioni anche per lasciare libertà di interpretazione sul rapporto tra formale e informale, tra pensiero canonico professionale e pensiero derivato da nuove pratiche urbane e nuovi immaginari collettivi.E così sono emersi gli argomenti di principale interesse, che attraversano da un lato la storia e la cultura, il progetto , la gestione e i piani di rigenerazione urbana e dall’altro lato  i diritti di cittadinanza e i nuovi usi, vecchi e nuovi protagonisti tra inclusione ed esclusione, la città degli eventi e i contributi dell’arte pubblica, il  ruolo della partecipazione. In sostanza un confronto tra la città progettata, che stenta a regolare i flussi della trasformazione, e la città reale, che si autoriproduce e trasforma ogni giorno con quelle pratiche urbane che molto spesso sfuggono all’occhio di chi pianifica o governa. La sessione su Roma dalle origini ai giorni nostri vede una grande partecipazione di esperti e studiosi stranieri e non è un caso: la Roma antica costruì un modello di spazi pubblici che ha fatto scuola nella formazione della città moderna. Roma, che presenta un catalogo infinito di spazi pubblici di ogni epoca e dove il rapporto con i beni archeologici, che è oggetto di riflessione in una specifica sessione, è più diffuso e rilevante che in qualunque altra città. E’ emersa la rilevanza dei litorali, che circondano gran parte del nostro paese, dove lo spazio pubblico assume il doppio volto della riqualificazione dei waterfront urbani e della regolazione del rapporto pubblico/privato nell’uso delle spiagge,aggredite da un’imprenditoria privata fiorente ma poco sensibile alla tutela dell’ambiente e ai diritti di uso collettivo di un bene comune come le aree demaniali. Il recente decreto sulle concessioni per 90 anni conferma purtroppo le peggiori previsioni.Una breve sessione di lavoro è tesa a comprendere quanto sia determinante partire dalla ricostruzione degli spazi pubblici se si vogliono creare  le condizioni di rinascita di una comunità frantumata da eventi catastrofici,come insegna la complessa e triste vicenda della ricostruzione de l’Aquila, e si intreccia con la sessione che in modo più ampio si occupa di progetti di rigenerazione urbana delle periferie e sostenibilità.Progetto e realtà dello spazio pubblico propone una rivisitazione critica di alcuni programmi promossi da alcuni Comuni e cerca di individuare, nelle pratiche e nelle ricerche più interessanti, proposte replicabili e abbozzi di linee programmatiche. E’ comune convincimento del mondo della ricerca e di quelle amministrazioni pubbliche che hanno promosso i programmi più avanzati, che riqualificare una piazza è poca cosa se non si inserisce in un programma di costruzione / ricostruzione di una rete di spazi pubblici, collegati e interagenti tra loro, in grado di fare sistema, di rappresentare la struttura portante dei processi di rigenerazione urbana. E per riuscire in questo intento si dovrà partire dall’analisi delle condizioni reali dei contesti urbani, costruire mappe degli spazi pubblici esistenti e necessari, mappe che contengano sia analisi oggettive frutto di indagini approfondite sul campo sia giudizi soggettivi ricavati dalla percezione dei cittadini.Assume quindi un particolare rilievo la partecipazione attiva dei cittadini, sulla quale è stata proposta una sessione organizzata con un metodo  innovativo di confronto come il bar   camp. La partecipazione è un tema che si coniuga naturalmente con il diritto all’uso dello spazio pubblico da parte dei soggetti deboli, quali anziani, bambini, disabili, donne, migranti, emarginati sociali. Ognuna di queste categorie ha una lunga lista di cahier   de doleance. E di questo si occupano le sessioni sui bambini,sull’abitare al femminile,  su inclusione ed esclusione, sulla città meticcia. Due call hanno avuto molte adesioni ed hanno consentito di costruire le sessioni tematiche sull’attività dei laboratori universitari di urbanistica e sulla città eventuale, termine volutamente plurisemantico, che si riferisce agli eventi programmati e quelli spontanei. Infine la sessione arte, comunicazione e città che mette in luce la creatività performativa di artisti e associazioni culturali per vitalizzare spazi pubblici e costruire nuovi immaginari collettivi.Sono toccati in varie sessioni ma non abbastanza approfonditi, a mio parere, temi legati all’ambiente, alla mobilità, alla questione cruciale delle risorse (fiscalità locale e rapporto pubblico-privato), che è stata al centro del recente Congresso INU, a temi a me cari  come la scuola aperta al territorio e le biblioteche pubbliche, e sicuramente manca altro che ora non mi viene in mente.Stamane abbiamo premiato i vincitori dei tre concorsi che hanno dimostrato l’impegno di alcune amministrazioni e la sensibilità dei progettisti nelle operazioni di riqualificazione controbilanciato da una vena di pessimismo degli studenti per quanto riguarda la percezione degli spazi pubblici.Amministrazioni, professionisti, mondo della ricerca, studenti. Molti sono stati coinvolti ma molti mancano.Manca all’appello una più significativa rappresentanza dell’associazionismo locale che in molti casi è il principale baluardo contro le devastazioni della speculazione o l’incuria nella manutenzione degli spazi pubblici. E sicuramente altri che mancano stanno venendo in mente a ciascuno di voi. C’era una domanda con la quale chiudevamo i workshop di progettazione partecipata per i contratti di quartiere quando lavoravo per il Comune di Roma. workshop nei quali si cercava di avere la maggiore rappresentanza possibile degli interessi locali, i cosiddetti stakeholders. La domanda,rivolta a tutti i partecipanti, era: ci siamo dimenticati di qualcuno?Ecco, credo che dai prossimi giorni, attraverso il sito che continuerà a funzionare come spazio pubblico virtuale, si aprirà una sezione dove ciascuno potrà dire di chi ci siamo dimenticati. Lo spazio pubblico ,per sua intrinseca natura, non esclude nessuno,a patto che si rispettino le regole che lo governano. Nei prossimi due anni, nel percorso che ci separa dalla biennale del 2013 di cui il sito sarà informatore attento, potremo costruire uno spazio pubblico virtuale che raccoglie con più efficacia di quanto abbiamo fatto finora ,tutti i protagonisti della difesa e riconquista degli spazi pubblici  delle nostre città. E con tutti costoro cercheremo di costruire una “carta dello spazio pubblico” che rappresenti il manifesto ideale e programmatico di un vasto arco di  forze sociali, economiche, culturali ed istituzionali. Una biennale aperta quindi, non riservata agli esperti. E’ stata espressa qualche perplessità sulla ampiezza dei temi trattati, sulla pretesa di onnicomprensività che andrebbe a scapito della profondità. Personalmente penso che quest’appuntamento biennale non debba somigliare ad un convegno riservato agli specialisti ma piuttosto ad una specie di Woodstock dello spazio pubblico, un grande momento di incontro e di relazione.Ringrazio chi ha collaborato alla costruzione della Biennale e in particolare quel gruppo di giovani che ha dedicato impegno ed entusiasmo  nel corso di un anno intero. Sono coloro che porteranno linfa vitale all’Istituto di urbanistica e alla cultura dello spazio pubblico. Queste giornate concludono una fase e ne aprono un’altra. Auguro a tutti buon lavoro.