Le Scuole: edifici pubblici di quartiere?

di Patrizia Ricci, Arch. INU Lazio

La scuola è, tra le infrastrutture pubbliche, la più diffusa e la più significativa istituzione per il valore culturale e sociale che rappresenta nella società civile e democratica.

Il nostro patrimonio scolastico è di fatto sottoutilizzato, se pensiamo a quante aule scolastiche restano vuote nell’arco della giornata; considerando il ruolo e il rispetto che i cittadini hanno della scuola, si può pensare ,come avviene già in alcune realtà , di fare dell’edificio scolastico un  centro di interesse culturale e sociale del quartiere e, data la sua diffusione nel territorio, considerare una disposizione a rete di luoghi di incontro del quartiere utilizzando innanzitutto quegli spazi a carattere collettivo che sono presenti nella maggior parte degli edifici scolastici: palestra, teatro, auditorium, biblioteca per una possibile integrazione tra scuola e contesto territoriale. Supplendo così alle eventuali carenze di servizio del territorio.

Le attività che ormai si svolgono all’interno degli edifici sono numerose, ma disarticolate tra loro e sono il più delle volte destinate agli alunni e alle loro famiglie, sebbene non si possa dire risolta la gestione degli usi e degli spazi nell’arco del giorno.

La sottoutilizzazione ormai endemica è dovuta a più fattori: il calo demografico degli ultimi decenni che ha lasciato vuote la gran parte delle aule progettate negli anni del boom economico  e demografico; l’orario scolastico che ,ad eccezione delle scuole dove esiste il tempo pieno, si riduce a 36 max 40 ore alla settimana; la rigidità tipologica dei vecchi edifici dove gli spazi di connessione (atrio, corridoi) sono enormi e di gran lunga inutilizzabili e spesso gli spazi collettivi ( palestre  auditorium ecc.) sono di difficile accesso fuori orario .

Tuttavia non si può fare a meno di considerare l’esistenza di alcune difficoltà di gestione degli edifici scolastici, fatta salva l’autonomia dell’offerta organizzativa del servizio scuola, sia in termini di altri servizi sia in termini di modifiche dello spazio. Il personale docente dipende dallo Stato, il personale ausiliare spesso è a contratto con società di servizio che appaltano dall’ente locale il servizio di pulizia e apertura e chiusura, la manutenzione degli spazi dipendono dall’ente locale per le scuole d’obbligo, che nel caso di Roma vede ripartita la manutenzione in due competenze: ordinaria al Municipio e quella di ristrutturazione straordinaria al dipartimento infrastrutture pubbliche. Così anche per le aree a verde scolastico la competenza è divisa tra municipio e dipartimento Tutela Ambientale, e tutto ciò complica in termini di attuazione degli obiettivi di adeguamento possibili alle esigenze locali.

La “resistenza” del patrimonio edilizio scolastico può essere superata? Certo, oggi abbiamo un altro grande tema che riguarda il distanziamento fisico, che immagino sarà da considerare come elemento fisso per una futura progettazione di forme organizzative integrate destinate alla scuola e ai servizi sociali. Al momento credo occorra una maturazione per superare il recinto scuole e maggiore convinzione per una configurazione del patrimonio di edilizia pubblica sociale/educativa.

Oggi, in piena pandemia, e ancor più dopo, è opportuno prevedere come sia possibile creare nuovi luoghi sociali tra loro connessi, prossimi alla residenza, ma esterni ad essa, per consentire sempre di sviluppare momenti sociali collettivi e diversi dal nucleo familiare, indipendentemente dalla sua numerosità. La disponibilità di spazi in edifici esistenti potrebbe facilitare l’inserimento di servizi aperti al quartiere.

La rilevanza culturale, urbanistica ed economica è determinante nell’affrontare un cambiamento pluriuso degli edifici scolastici.

Il problema di medio / lungo termine è pensare a una progettazione integrata di edilizia pubblica sociale e comunque, già da subito, riconvertire quegli spazi non strettamente legati alla attività didattica.

Occorre quindi considerare non solo le esigenze didattiche, ma anche la flessibilità spaziale degli edifici scolastici, se si vuole davvero raggiungere l’obiettivo di rendere il sistema scolastico partecipe e fulcro della vita democratica.

Occorre quindi considerare non solo le esigenze didattiche, ma anche la flessibilità spaziale degli edifici scolastici, se si vuole davvero raggiungere l’obiettivo di rendere il sistema scolastico partecipe e fulcro della vita democratica.