Una “Carta dello Spazio Pubblico” per la biennale 2013


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Intervento di Pietro Garau nel corso della sessione plenaria conclusiva della Biennale 2011 (Italian/English)

VERSIONE ITALIANA/ITALIAN VERSION

L’ iniziativa della biennale dello spazio pubblico non e’ nata solo per il desiderio di esibire buoni progetti e realizzazioni esemplari. Essa e’ nata ed e’ stata sorretta da una forte esigenza di sostenere la volonta’ di tanti cittadini ed amministratori lungimiranti ed efficienti di fare dello spazio pubblico la bandiera della civilta’ urbana.

Perche’ questo accada non bastano gli esempi di buone realizzazioni. Occorrono anche principi che ispirino l’azione pubblica e la mobilitazione di cittadini. E’ questa l’idea della “Carta dello Spazio Pubblico ”, che la Biennale lancia oggi come obiettivo per la seconda Biennale del 2013.

Questa impresa e’ gia’ iniziata. Questa stessa prima biennale, con i molti argomenti che ha affrontato, ha offerto riflessioni importanti. Perciò abbiamo chiesto ai coordinatori delle sessioni di aggiungere nel resoconto dei lavori del 14 maggio un primo elenco di “punti fermi” che ritengono di poter estrarre dalle presentazioni e dagli interventi. Innanzitutto, le definizioni: e’ utile tentare una definizione di “spazio pubblico”, perche’ se lo spazio pubblico delle città e delle metropoli e’ tutto e’ anche nulla; e se lo spazio pubblico e’ una cosa vaga, altrettanto vaghi ed evasivi saranno gli impegni. Ci serve anche sapere, come molti di noi credono, se lo spazio pubblico vada considerato un “bene comune”. Vorremmo anche stabilire perche’ alcuni spazi pubblici hanno funzionato molto bene, ed altri meno; ed i rapporti di questi esiti con luoghi, soluzioni, risorse.

Su questa base vorremmo stilare principi ragionevoli e condivisi in merito all’ideazione, la progettazione, la realizzazione, il mantenimento, la fruizione dello spazio pubblico. Ad esempio: come deve cambiare l’idea stessa delle politiche per lo spazio pubblico, per non rimanere l’identificazione di ritagli e scarti dei processi di espansione e riqualificazione urbana? Come deve cambiare la progettazione, se e’ vero che il successo dello spazio pubblico dipende dall’uso che ne faranno i cittadini? Come si possono (anzi debbono) reperire le risorse per la realizzazione, la riqualificazione ed il mantenimento degli spazi pubblici urbani?

La “Carta dello Spazio Pubblico” sara’ il documento di tutti coloro che, in Italia ed in altri paesi, credono nella citta’ e nella sua straordinaria capacita’ di accoglienza, solidarieta’, convivialita’ e condivisione; la sua inimitabile virtu’ nel celebrare la socialita’, l’incontro, la convivenza, la liberta’ e la democrazia; e la sua vocazione ad esprimere questi valori attraverso lo spazio pubblico. L’INU Lazio e’ pronta a facilitare questo progetto offrendosi di raccogliere i suggerimenti di coloro che vorranno contribuire a questo processo, che verrà documentato sul sito della Biennale con l’obiettivo di dedicare una sessione della Biennale 2013 all’adozione della Carta dello Spazio Pubblico. Sarà anche nostra cura fare della Carta un argomento di riflessione in tutte le occasioni offerte dal calendario internazionale – come la biennale degli urbanisti europei del settembre di quest’anno a Genova ed il sesto World Urban Forum in programma a Napoli nel settembre 2012.

ENGLISH VERSION/VERSIONE INGLESE

The Public Space Biennial initiative was motivated by the desire to exhibit good design and exemplary projects and born of a strong will to sustain the commitment of so many citizens and far-sighted and competent administrators to turn public space into a banner of urban civilization.

In order for this to happen, examples of good practices must be accompanied by good principles to inspire civic action and mobilize citizens. This is the rationale behind the “Charter of Public Space” that the first Biennale launches today as a goal for its 2013 edition.

This undertaking has already begun. This first Biennale, with the many topics it discussed, offered important thoughts. For this reason we asked the coordinators of all sessions to add in their reports of Saturday 14 May a first rough list of “points” that they feel can be extracted from their session’s presentations and discussions. First of all, definitions: it is useful to attempt defining “public space”, because when public space in cities and metropolises becomes everything, it becomes nothing; and if public space remains a vague concept, equally vague and evasive will be commitments in its favour. We also need to know, as many of us are already convinced of, whether public space should be considered a “common good”. We would also like to know why some public spaces have worked very well, and others less so; and we would like to know the relationships between such outcomes and places, solutions, resources.

On this basis we would like to formulate reasonable and shared principles on the visioning, the design, the development, the utilization of public spaces. For example: how must design change, if the success of public spaces depends on the use citizens will make of them? How can (indeed, must) resources be sought for the creation, upgrading and maintenance of urban public spaces?

The Charter of Public Space” will be the document of all those, in Italy and elsewhere, who believe in the city and in its extraordinary ability for embrace, solidarity, contiguity, conviviality and sharing; its inimitable virtue of celebrating sociality, encounter, togetherness, freedom and democracy; and its vocation to express such values through its public spaces. INU Lazio stands ready to facilitate ths undertaking by collecting the suggestions of those who will want to contribute to this process, which will be documented on the Biennale’s website with the goal of dedicate one of the 2013 Biennale session to the adoption of a Charter of Public Space. We shall also endeavour to turn the Charter into a topic of reflection at all the venues the international calendar will offer us – such as this year’s Biennial of Towns and Town Planners in Genova and the sixth World Urban Forum planned in Naples in September 2012.
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15 Responses

  1. Andreina Milan

    Cari Amici,
    accolgo con piacere e interesse le sollecitazioni del coordinatore R.I, arch. Pietro Garau, cercando di formulare alcune riflessioni ai numerosi quesiti posti e avviare, se possibile, la discussione sulla costituzione della una “carta dello spazio pubblico”.

    Sono dell’opinione che il termine “Spazio pubblico” sia termine giustamente “vago”, perché contiene in sè il germe di valori e valenze che possono essere esplicitate o sviluppate. Nella sua generalità massima “evoca” ma “non connota” le proprie qualità fisiche o immateriali . Di fatto si dichiara vocato all’evoluzione socio-culturale delle proprie componenti e caratteri.

    Il concetto, così come espresso, è duale. Lo “spazio fisico” in cui ci muoviamo, e in cui interagiamo col mondo oggettivo – nella definizione accettata nel mondo della fisica è:
    “ … un concetto primitivo. Infatti, nella fisica classica, si dà per scontato che i fenomeni avvengano in uno spazio euclideo tridimensionale, dove ogni posizione può essere descritta usando tre coordinate, ciascuna misurabile come lunghezza o distanza. Tale spazio è omogeneo e isotropo. Perciò un qualunque punto dello spazio vale quanto un altro, per la verifica dei fenomeni fisici, e non esiste una posizione privilegiata. Si parla cioè di simmetria di traslazione e di simmetria sferica.”
    Un buon punto di partenza. Complicato però dall’aggettivo “pubblico” (1) che rende più complessa e sfumata la sua natura.
    Credo che sia immediato riconoscere al luogo pubblico la possibilità che qui si operino “scambi” di carattere sociale, ove è riconosciuta collettivamente la memoria e dove è possibile costruire identità collettiva.
    In tale concetto si accetta e si riunisce l’idea della stasi e del movimento, ovvero: della confluenza e del deflusso delle persone (e, con limitazioni, dei mezzi), certamente delle idee, degli eventi, delle rappresentazioni della sacralità civile.

    Lo spazio come “concetto primitivo” – cioè noto a priori e che non richiede dimostrazione – unito all’aggettivo pesante “pubblico” – l’essere, l’appartenere, il dimostrare, la “cosa publica” – rende accettabile il fatto che in esso convivano istanze arcaiche e fermenti dimodernità. Lo spazio pubblico è, come il corpus urbano, un concetto evolutivo in termini culturali e percettivi.
    Se intuitivamente ci rendiamo conto che non tutto lo spazio fisico o (virtuale) “può candidarsi” ad essere spazio pubblico è evidente che dovremo costruire una lista delle esclusioni e delle priorità, che renderà più facile stabilirne l’essenza.

    Questa riflessione può facilmente condurre alla conclusione che se alcuni “alcuni spazi pubblici hanno funzionato molto bene, ed altri meno” tali ragioni sono da ascriversi più che a vizi geometrici e morfologici dello s.p., a fenomeni di “disturbo” o di ”eccesso di quiete” per es. nella generazione e gestione dei flussi. (ex.: Un campiello veneziano funziona benissimo per quasi tutto l’anno ma tracolla nel periodo di carnevale).

    Lo spazio pubblico è un concetto storico relativo ed evidentemente connotato dai rispettivi gruppi socio-culturali di appartenenza. (E’ fin banale osservare la differenze concezione di privato/pubblico nel nord-centro-sud della Penisola).
    Nella cultura urbana italiana siamo portati a rapportare il nostro concetto di spazio pubblico con gli spazi consolidati della tradizione. Dalla trattazione rossiana alle trattazioni di Augé, è accettato che questi spazi o sono stati “loca” o lo diverranno. Qui evidentemente si “accerta” o declara, con atto pubblico la presenza del genius loci, altrimenti avvertivo come esperienza collettiva misterica. Più modernamente, ai loca si aggiunge la qualità soggettiva ma collettiva di “spazi emotivamente vissuti” in ragione di eventi o flussi di coscienza individuale.
    Aggiungo che gli spazi pubblici di origine antica sono anche – in senso junghiano – portatori di un inconscio collettivo, che ce li fa percepire come ambiti ove le emozioni e le percezioni sono particolarmente intense e stratificate. In questi “loca” – in continua evoluzione – sacrale o de-sacralizzata, essi polarizzano gli accadimenti in senso magnetico, attrattivo o repulsivo di grande significato collettivo, sia in senso storico che meta-storico. [per ex. a Milano, luoghi legati ad eventi storici drammatici, come piazza Fontana o Piazzale Loreto sono mantenuti vividi nella memoria delle vecchie generazioni e si attenuano o scompaiono in quelle nuove].
    Gli spazi pubblici possono essere apparentati , ai “loca”, ma non è detto che ne debbano condividere doverosamente pregressi gravami o condizionamenti. C
    redo che gli spazi pubblici si possano essere assimilare all’”età giovanile” dei “loca”. Pertanto, non è scontati che essi lo diverranno mai: possono disgregarsi e “morire” (in senso lato) prima di averne raggiunto quel livello evolutivo.
    Nella metafora biologica, possiamo dire che gli spazi pubblici possiedono un patrimonio genetico affine ai “loca”, con caratteri ereditari generali che li fanno rientrare nel gruppo parentale, ma per affermarsi essi dovranno sviluppare una “personalità”. Si intendono qui gli elementi che li rendono individuabili, riconoscibili, accessibili e identificanti, alla collettività e al singolo.
    In tal senso, lo spazio pubblico è “bene comune” quando, fatto ingresso nell’”età adulta”, sia in grado di assolvere – grazie ad un raggiunto livello di maturità fisica e mediatica – alle qualità sopraindicate. Esso può perdere la sua qualità di “bene pubblico” qualora venga a mancare anche uno soltanto di tali elementi.

    Il concetto di “(buon) funzionamento” di spazio pubblico deve essere, a mio giudizio, ancor adeguatamente indagato e discusso. Cominciamo a ragionare per esempio, parametrizzandone le prestazioni (anche in modo approssimativo) ma basato su un concetto quantitativo – intensità e frequenza d’uso – prima di attribuirvi valutazioni qualitative.
    Gli spazi possono essere infatti essere usati con “continuità” o “intermittenza”, e con usi diversi e talvolta opposti in momenti differenziati della giornata o dell’anno.
    Anche il “vuoto” e la parziale interdizione dell’uso possono essere caratteri significanti e positivi rispetto al “pieno” e alla totale fruizione d’uso”, per consentirne, accrescerne il valore o preservarne la sussistenza.

    Qualora le regole di uso siano universalmente o almeno prevalentemente comprese, accettate e condivise, gli spazi “funzionano”. Il tema della regola e della sua comprensione/condivisione è particolarmene delicato e problematico: non può sfuggire agli specialisti come regole non scritte ma accettate da una parte dei gruppi possono far si che attività collettive “lecite”possano assumere significati “oltraggiosi” con effetti “esplosivi” in termini antropologico-culturali o di tabù religiosi (ex. : il caso della forma di protesta attuata con preghiera pubblica sul sagrato del Duomo di Milano, e in alte piazze italiane, da parte di fedeli musulmani e delle reazioni di sconcerto, disagio e fastidio da parte dei gruppi autoctoni.).
    Se si afferma che uno spazio pubblico debba consentire l’”aggregazione” o tendere ad essa, si apre anche la possibilità di “aprire” ad un principio altrettanto ambiguo e controverso sull’uso libero o condizionato che ne deriva in termini di utilità e benessere pubblico.
    Infatti, anche una piazza su cui si apre un esercizio pubblico (un bar) crea aggregazione, ma non è detto che questo sia per forza un “bene comune”, anzi spesso è motivo di disturbo e tensione nei rapporti sociali tra residenti e utenti dell’esercizio.

    Mi pare che ci sia molta carne al fuoco. E’ solo l’inizio, ma la partita è molto interessante. Grazie per l’attenzione.

    Andreina Milan
    [Univ. Bologna]

    Note:
    (1) Voce: “Pubblico”, Wikipedia.it – “… Nell’ambito del diritto, il termine “pubblico” identifica un bene materiale o immateriale accessibile a tutte le persone senza condizioni, in opposizione a ciò che è di proprietà di un privato, e che è mantenuto e protetto a servizio e godimento della collettività senza l’ingerenza di interessi privati. Alcune situazioni giuridiche se avvengono o riguardano luoghi pubblici o luoghi aperti al pubblico o luoghi esposti al pubblico, hanno caratteristiche specifiche e sono regolate da norme speciali o da specifiche disposizioni delle norme ordinarie, rispetto al caso in cui avvenissero in un luogo privato. Un luogo pubblico è uno spazio pubblico a cui può accedere chiunque senza alcuna particolare formalità, essendo quello il suo scopo ed utilizzo normale e prevalente (ad esempio strade, piazze, giardini pubblici, spiagge demaniali). Un luogo aperto al pubblico è uno spazio in cui chiunque può accedere, limitatamente e regolatamente a regole (che possono ad esempio essere un orario d’apertura, il pagamento di un biglietto d’ingresso, l’obbligo d’iscrizione ad un’associazione che lo gestisca) stabilite dal proprietario (sia esso un privato o un ente pubblico) o da altre norme. Un luogo esposto al pubblico è uno spazio dove lo spazio stesso, ciò che vi si trova e ciò che vi accade può essere esposto alla visione di un generico pubblico di persone.”

  2. monti eugenio

    PROPOSTE DI MODIFICA A INDICE, PREAMBOLO E PARTE I
    Indice e titolo parte I: sostituire “definizioni” con “definizione”
    Paragrafo 1: semplificare. Sostituire con il seguente nuovo testo:
    Oltre alla volonta’ di esibire buoni progetti e realizzazioni esemplari, la Biennale dello Spazio Pubblico nasce anche da una forte esigenza di sostenere la volontà di tanti cittadini e di amministratori lungimiranti ed efficienti di fare dello spazio pubblico la bandiera della civiltà urbana.
    Paragrafo 2: “Altresi’” ridondante. Eliminare.
    Paragrafo 3, terza riga: sostituire il “celebrare” (troppo retorico) con “favorire”
    Paragrafo 3, quarta riga: aggiungere, dopo “esprimere”, “realizzare”.

  3. Anna

    Nel paragrafo 12 punto b. eliminerei “atomizzate”. Lo spazio pubblico favorisce anche la fruizione individuale, ma di certo un buono spazio pubblico non dovrebbe incentivare una fruizione atomizzata. Non so, si evoca un’immagine che non ha niente a che vedere con la socialità dello spazio collettivo cittadino.

  4. Giancarlo

    Premettendo che questa Carta è un lavoro utilissimo al fine di definire e valutare gli spazi pubblici cittadini, propongo alcune modifiche/commenti.

    Art.34 lo modificherei così: “Dopo la realizzazione (ex novo o ristrutturazione) l’amministrazione pubblica dovrebbe dare la possibilità ai cittadini e alle loro associazioni, di organizzare eventi, manifestazioni e quanto altro possa contribuire a stabilizzare la funzione collettiva dello spazio creato. E’ bene accetto qualsiasi intervento culturale, ludico, etc…organizzato dalla stessa amministrazione per favorire la frequentazione e l’utilizzo permanente dello spazio in questione.”
    In questo modo si sottolinea la responsabilità anche del cittadino di fare proprio uno spazio messo a disposizione, senza de-responsabilizzare la p.a. In questo modo forse si potrebbe anche eliminare l’art. 38

    Aggiungerei poi un articolo al paragrafo sulla fruizione dello spazio pubblico. Una cosa come ” La fruizione degli spazi pubblici è strettamente legata alla possibilità che questi spazi hanno di mutare forma, in base alle esigenze dei cittadini. Una delle caratteristiche principali che rendono fruibile nel tempo uno spazio pubblico è la sua mutabilità.”

    Grazie

  5. Grazia

    Prima di tutto, complimenti a tutti coloro che hanno contribuito alla redazione della Carta: un documento non solo interessante, ma anche importante.

    Vorrei condividere alcune riflessioni.
    Partendo da quanto già suggerito da Giancarlo, credo sia interessante evidenziare l’importanza della “trasformabilità” dello spazio pubblico, ad esempio inserendo tale concetto anche nel preambolo al punto 2.c, oppure a ampliare il punto 49.f

    Inoltre, vorrei affermare l’importanza dello spazio pubblico come “spazio sicuro”.
    Non mi riferisco a quanto già affrontato nella carta, ossia alla percezione di insicurezza legata in particolar modo a problematiche di disagio sociale, degrado locale, ecc, bensì allo spazio pubblico, aperto e chiuso, che assume il ruolo di spazio sicuro in caso di emergenza.
    Gli spazi pubblici urbani funzionano (o dovrebbero funzionare) come un sistema, come attentamente dichiarato e esplicitato già all’art. 18. In virtù di questa loro caratteristica, possono (e dovrebbero) rappresentare anche un sistema di percorsi e spazi sicuri in caso di emergenza, opportunità importante per ridurre il rischio (di qualunque natura) in particolare dei centri abitati, piccoli e grandi.
    Una specifica sul tema potrebbe integrare i punti 21 e/o 27, o altresì potrebbe forse essere inserita a seguire il punto 13 o 28
    (Tale proposta muove da un’esperienza personale legata ai piani di ricostruzione post-sismica abruzzesi, dove il principio di intervenire sullo spazio pubblico in modo da garantirne anche il ruolo di rete di percorsi e spazi sicuri ha orientato fortemente le scelte dei progettisti dei piani riscontrando un’ampia condivisione da parte delle autorità comunali e della popolazione).

    Infine, segnalo un errore in chiusura dell’art. 22: “ad all’uso”.

    Grazie,
    Grazia

  6. Alice

    Vorrei innanzitutto congratularmi con chi ha redatto il documento e con chi ha partecipato alla discussione.
    Di seguito i miei brevi commenti.

    Part. 1 art. 8 Sostituirei il termine “bellezza” con il termine “valore”. Credo che il primo possa erroneamente rimandare al concetto di bel paesaggio o di venuta.
    Concordo con il commento di Anna rispetto al termine “atomizzate”, aggiungendo che non è di facile comprensione.
    Parte II art.13 Gli spazi pubblici. Eliminerei “Eventi”

    Alice

  7. monti eugenio

    Ancora suggerimenti.

    I.Definizioni dello spazio pubblico
    n.8 sostituirei “disabili motori etc….con ” qualsiasi disabilità”

    II. Tipologie di spazio pubblico
    n.12 …..forse bisogna ampliare anche con esempi per rendere l’argomento c) meno per addetti ai lavori

    III.Creazione dello spazio pubblico
    n. 15 …deve essere progettato..oppure “dovrebbe essere …,ma certo non ” è ”
    n.19 è vago…. quali pratiche ? quali tecniche?
    n.21 connettività è un termine informatico non chiaro per tutti

    n.27 “Va presa in considerazione sia in fase di ideazione che di gestione…..la metterei all’inizio introduce l’azione
    n.32 mi sembra molto importante forse l’argomento dovrebbe essere ampliato e reso più concreto
    n.34 non mi sembra chiaro, forse serve un testo più esplicativo

    V.Ostacoli alla……
    g. …..un ruolo efficace di regia pubblica. Cosa si intende?

    cercherei di stemperare i termini da addetti ai lavori sopratutto nella prospettiva di traduzione in altre lingue

  8. chiara quaglia

    Bellissima iniziativa! Complimenti per il lavoro fatto, importantissimo perchè riportare gli spazi pubblici alle comunità diventa sempre più urgente nelle nostre città!
    Volevo commentare l’art 28 “La creazione, il miglioramento e la gestione degli spazi pubblici può essere occasione per creare nuovi posti di lavoro e di investimento privato, anche in ottemperanza alle indicazioni della Convenzione Europea del Paesaggio”.
    Molto opportuno il riferimento alla Convenzione Europea del Paesaggio nel parlare di spazio pubblico. Lo spazio pubblico infatti è paesaggio per eccellenza, se lo si intende come “elemento chiave del benessere individuale e sociale”, “componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità”, “una risorsa comune per la cui salvaguardia, gestione e pianificazione occorre cooperare”; (fra virgolette citazioni dalla CEP).
    Se è così, perché non estendere il riferimento alla Convenzione Europea del Paesaggio anche ad altri concetti relativi allo spazio pubblico e non solo quello relativo alla creazione di posti di lavoro? Mi sembra quindi che un richiamo alla CEP si potrebbe fare, oltre che in sede di “Creazione dello spazio pubblico” (TIT. III), anche in sede di “Definizioni dello spazio pubblico” (TIT. I). Per esempio, l’art 5 potrebbe diventare:
    “Gli spazi pubblici sono elemento chiave del benessere individuale e sociale, i luoghi della vita collettiva delle comunità, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità, in linea con quanto espresso dalla Convenzione Europea del Paesaggio. La comunità si riconosce nei propri luoghi pubblici e persegue il miglioramento della loro qualità spaziale.”

    Grazie mille
    Chiara Quaglia

  9. Peter Marcuse

    A recent discusion might be of interest:

    A new blog deals with the paradoxes of public spaces. Different spaces are designed to serve different purposes; giving appropriate priority to democratic uses (“First Amendment” uses in the U.S.) conflicts with other uses, more public spaces are needed, the likelihood of conflicts over them is great particularly where the political goals of their use are the most controversial. .Five proposals, and a warning, are suggested in

    Blog #33 – The Five Paradoxes of Public Space, with Proposals, at pmarcuse.wordpress.com.

  10. Grazia

    Buongiorno, propongo delle riflessioni sul ruolo dello spazio pubblico nei processi di ricostruzione, che magari potrebbero trovare posto nella quarta sezione, relativa alla gestione:

    Nei processi di ricostruzione che seguono eventi calamitosi, deve essere riconosciuto allo spazio pubblico, aperto e coperto, un ruolo centrale (sia in fase di programmazione che di progettazione e attuazione) da parte delle istituzioni che amministrano tali processi.
    I processi di ricostruzione devono trasformarsi in un’opportunità per la messa in sicurezza dei centri abitati: lo spazio pubblico deve essere sia strumento che oggetto di tale messa in sicurezza.
    Il significato identitario e testimoniale di cui lo spazio pubblico è portatore per le comunità locali si amplifica quando queste sono colpite da eventi traumatici: deve quindi rappresentare uno dei punti di partenza per l’avvio di qualsiasi attività di ricostruzione.

    Grazie,
    Grazia

  11. Domenico

    Condivido i giudizi positivi sul lavoro fatto finora: molto interessante ed utile, per alcuni aspetti pionieristico. Anche il percorso per la scrittura della Carta è importante perché permetterà ulteriori miglioramenti. Perciò mi dispiace di non aver potuto utilizzare l’opportunità offerta dalle bozze inviate per la “condivisione interna” ai collaboratori della 2° Biennale. Desidero almeno dire che sono d’accordo con le modifiche proposte da Marianella Scalavi che, seppur arrivate dopo la scadenza, spero possano essere inserite prima della adozione in assemblea.

    Ecco le mie osservazioni, volte ad asciugare e rendere più incisivo il testo.

    Punto 11: si dovrebbe usare il condizionale gli “spazi pubblici dovrebbero costituire una rete”, a meno che non si pensi all’intero sistema stradale, che tuttavia nella sua attuale situazione, non può essere inteso come “luogo della vita collettiva”. Il concetto di sistema è meglio espresso nel punto 18. Quindi eliminerei il punto 11.

    Punto 12: propongo di eliminare anche questo punto. La classificazione è un po’ rigida e non decisiva ai fini della Carta. In molte altre sue parti, a cominciare dal punto 1, è ribadito il concetto fondamentale e condiviso che gli spazi pubblici costituiscono struttura e fondamento, “simbolo” propone Marienella Sclavi, della civiltà urbana. Ribadirlo entro la “tipologia” mi sembra indebolire il concetto piuttosto che rafforzarlo.

    Punto 49: eliminerei le righe indicate con le lettere a. (non vedo perché una attrezzatura sportiva privata sia un “ostacolo . . .”); c. (non mi sembra che la “capacità rivendicativa dei cittadini” sia declinante, tutt’altro); h. (non si tratta di “rigidità”, ma spesso di scelte in merito alla normativa; il ragionamento è tecnicamente e culturalmente complesso, meglio evitare superficialità).
    Infine nel punto k. eliminerei le due parole iniziali Percezione di : così il senso è più chiaro .

    Grazie e a prestissimo
    Domenico Cecchini

  12. Anna Agostini

    Salve,
    propongo di seguito alcuni spunti evidenziati nel laboratorio Venezia-coinvolgimento, realizzato dal Comune di Venezia e Biennale spazio Pubblico in collaborazione con l’Ufficio Unesco “Venezia e la sua laguna”, svoltosi lo scorso venerdì 10 maggio riguardo a:

    1. LE MOTIVAZIONI CHE DOVREBBERO SPINGERE AD ATTIVARE UN PERCORSO DI INCLUSIONE O PROGETTAZIONE PARTECIPATA ed in particolare:
    ‐ gestione e superamento del conflitto
    ‐ incremento dell’efficienza ed efficacia delle scelte
    ‐ valutazione e verifica della fattibilità delle soluzioni
    ‐ Mappare i bisogni inespressi di un territorio e conseguentemente individuare soluzioni condivise
    ‐ approfondire la conoscenza tra gli interlocutori e promuovere una presa di coscienza, una crescita
    ed una responsabilità collettiva attraverso la partecipazione
    ‐ dare risposta alla perdita di senso dello spazio pubblico legato anche ad cambiamento rapido della
    società
    ‐ promuovere una visione dello spazio pubblico come bene comune
    ‐ individuare e valorizzare la multifunzionalità del verde pubblico e degli spazi pubblici
    ‐ Condividere el informazioni e conseguentemente favorire la trasparenza del processi decisionali
    ‐ mettersi in gioco per migliorare
    ‐ costruire modelli di gestione e regole condivise degli spazi pubblici
    ‐ costruire strategie condivise e promuovere la responsabilità collettiva attraverso la partecipazione
    ‐ trovare le risorse necessarie per un’idea/piano/progetto
    ‐ mappare le risorse esistenti in un contesto specifico favorendo l’individuzione delle risorse
    necessarie per un’idea/piano/progetto
    ‐ promuovere una azione politica e culturale
    ‐ cercare risposte ai problemi sociali
    ‐ cercare alternative qualora si verifichi il fallimento degli strumenti “canonici”
    ‐ rispondere alla necessità dell’amministrazione di trovare un confronto con la cittadinanza
    ‐ attivare strumenti che realizzino l’inclusione
    ‐ prevenire fenomeni di degrado

    2. IL VALORE DISTINTIVO DELLE PRATICHE ARTISTICHE ALL’INTERNO DEI PERCORSI DI PARTECIPAZIONE, sottolineando:
    ‐ Il valore dell’ arte pubblica come catalizzatore di attenzione nell’avviare dei processi di
    rigenerazione urbana ed elemento significante dei luoghi
    ‐ Come l’arte pubblica possa divenire volano per realizzare processi davvero inclusivi poiché utilizza
    dei linguaggi capaci di ampliare la rete dei soggetti coinvolti di raggiungere attori non altrimenti
    facilmente raggiungibili
    ‐ Come l’arte pubblica possa divenire catalizzatore di attori che possono acquistare un ruolo
    importante all’interno dei processi attivando risorse utili al processo stesso: risorse economiche, ma
    anche materiali, tempo, persone
    ‐ La possibilità per l’arte pubblica di offrire spunti e strumenti inediti di lettura del territorio
    ‐ La possibilità per l’arte pubblica di evocare, stimolare, suggerire valori d’uso alternativi per gli spazi
    ‐ La possibilità per l’arte pubblica di offrire degli spunti per realizzare nuove forme di bellezza: dando
    valore e qualità alla vita di una collettività.

    3. IN QUESTO MODO SI POSSONO ATTIVARE UTILI SINERGIE CHE PERMETTANO DI:
    ‐ Rafforzare il senso di appartenenza ai luoghi
    ‐ Implementare la consapevolezza dello spazio pubblico come valore
    ‐ Ri‐dare un’identità ai luoghi e rafforzare la rete di relazioni che la sottende
    ‐ Favorire la riscoperta del valore d’uso dello spazio
    ‐ Offrire dei nuovi spazi espressivi per i giovani artisti
    ‐ Dare degli strumenti al bisogno di riappropriazione degli spazi pubblici il cui abbandono o lo stato
    di degrado sono generatori di una negativa percezione dello spazio urbano, e talvolta di problemi di
    integrazione fra gli abitanti
    ‐ Attivare processi in divenire che attraverso l’esperimento e l’interattività, vedano anche nell’errore
    e nelle correzioni in corso d’opera una possibilità di crescita

    4. POSSIBILITA’ DI REPERIRE LE RISORSE NECESSARIE ALL’ATTIVAZIONE ED ALLA REALIZZAZIONE DI QUESTI PROGETTI, per cui si evidenzia che:
    a) Soprattutto in periodi come questi in cui le risorse economiche pubbliche sono ridotte,
    bisogna valutare il costo dell’iniziativa, non solo in quantificazione monetaria delle uscite
    per la realizzazione dello specifico progetto, ma anche tenendo conto delle risorse che
    l’attuazione di un progetto di arte pubblica fa risparmiare come ad esempio:
    ‐ Gli immobili, considerando come non di rado gli enti e le pubbliche amministrazioni possiedano
    edifici che non solo sono inutilizzati, ma il cui mantenimento è spesso problematico e che invece
    possono rappresentare una grande risorsa per i progetti in questione
    ‐ I costi relativi a sicurezza del presidio di luoghi abbandonati
    I costi sociali in realtà degradate, che potrebbero essere risparmiati perché interventi di
    rivitalizzazione attraverso le arti richiedono un atteggiamento positivo CURA dei luoghi e delle
    relazioni
    ‐ Tutti questi ‘risparmi’, possono essere visti come “guadagni” prodotti indirettamente dal progetto

    b) Soprattutto in periodi come questi in cui non si può contare solo sugli enti pubblici per
    reperire le risorse necessarie a questi progetti, bisogna ancora più mettere in evidenza che
    queste risorse non sono ascrivibili solo alla parte economica, ma che, in un’ottica di rete, si
    possono attivare moltissimi attori che possono contribuire alla buona riuscita del progetto
    con:
    ‐ Materiali e knowhow: sponsor tecnici
    ‐ Tempo e “capitale umano”: che abbiamo chiamato “sponsor di progetto”

    5. Si è sottolineato come sia necessario lavorare in un OTTICA DI PROCESSO, quindi non di
    azione‐spot, ma al contrario creando un metodo replicabile, che presuppone di:
    ‐ Valorizzare le potenzialità e le caratteristiche presenti nel sito e nel territorio allargato
    ‐ Offrire occasioni di scambio e diffusione delle buone pratiche e di riflessioni critiche sulle esperienze
    ‐ Mettere a sistema i vari progetti cercando di non perdere il grande patrimonio conoscitivo e
    relazionale che si crea in progetti di questo tipo
    ‐ Non sottovalutare il valore del “contagio” e gli “echi” che iniziative simili creano nel contesto
    allargato
    ‐ Non sottovalutare il valore dell’empowerment che progetti di questo tipo provocano nelle persone
    che vi partecipano.

    Grazie
    Ci vediamo nei prossimi giorni a Roma!
    AA

  13. Jan Vogelij

    A good initiative!!Concise and clear!
    Next are my comments:
    It would be good to relate to what the European associations of spatial planners agreed in the New Charter of Athens 2003, in which the the public space is seen as essential for the vision of the Connected City: Public spaces enable social, economic and environmental connectedness in terms of physical relations through the different scales, as well as virtual relations connecting the past through the present to the future.
    I would recommend some modifications to the structure of the paper.
    The items 1 and 2 on the first page can be better formulated as a separate paragraph 1 Introduction. The wording “criteria this document is based on” under item 2, could be better: “the aims” or the “main messages” instead of criteria.
    I would recommend to insert between the paragraphs Introduction and Definition of Public Space, a new paragraph 2, which is named “The Importance of Public Space”consisting of elaborations of parts of what has been written under item 3.
    elaborating the terms hospitality, solidarity, conviviality and sharing, as well as what has been written under item 13. in terms of stressing the importance of public spaces for higher objectives.
    (On top of that I mean to underline the importance of public spaces to support (individual, social or political) objectives, like social inclusion through the unplanned encounter of different people, like innovation through the confrontation with new impulses, like cultural development through new views, like relaxing in an attractive atmosphere, like feeling at home in an environment expressing a specific identity, like gathering political information by exchanging information and views, like economic vitality by competing offers and comparing value for money etc
    Under item 11 it is important to stress that the spatial net(work) of the urban tissue consisting of the pattern of streets etc is uninterrupted.
    Under item 12. the wording “functional character” is confusing. Is enjoying a place not a human function? I would recommend here to mention:- that a public space is more public if clearly separated from private spaces;- that public spaces can be designed and furbished for mono-use, but that multi-use places are preferable (at the same time or at different moments); that spaces of moving through can be distinguished from places for staying, strolling and being. And that spaces for moving can be distinguished in pedestrian moving, bicycling, cars in different mixes with trams/buses.
    The typology of public space evokes the question whether it should be completed: with typologies like arcades, galerias, the (Metro) tunnels and squares.
    I am happy to contribute further and wish you success!
    Kind regards, Jan Vogelij

  14. Yota

    Atomizzazione ed individualità nello spazio pubblico

    Essendo in genere un’appassionata cacciatrice del peso specifico delle parole, mi permetto di contribuire con una nota riguardo al paragrafo 12, punto b della Carta, visto che ha suscitato interesse in due commenti precedenti.

    La versione breve della mia riflessione è: penso che la “fruizione atomizzata” significhi “consentire la privacy delle persone quando usufruiscono di uno spazio pubblico”. Per questo motivo e’ correttamente inserita nel testo della Carta.

    La versione estesa del mio ragionamento segue qui sotto:

    Etimologicamente, il termine “atomizzato/a” deriva dal Greco “άτομο” che significa “persona, individuo, monade”. Quindi, è comprensibile considerare il termine “fruizioni atomizzate” come ridondante, visto che sta accanto alle “fruizioni individuali”.

    Nel contesto sociologico, il concetto dell’atomizzazione rimanda agli “individui che tendono a vivere ‘atomizzati’, cioè a costituire piccoli nuclei isolati, estranei l’uno all’altro. Ciò favorito dalla scomparsa della famiglia estesa, del vicinato, dell’antica funzione delle piazze e delle strade, dalla grande densità della popolazione dei centri urbani, dall’anonimato, dall’individualismo, dai rapporti superficiali ecc.” (cit. Giovanni Leone, docente di Sociologia presso la Facoltà di Economia dell’Università di Palermo). Quindi, è di nuovo comprensibile la sensazione “negativa” che il termine possa suscitare.

    Ciò detto, credo che le “fruizioni individuali o atomizzate” nel contesto specifico della Carta indicano delle fruizioni ben distinte e precise. Per spiegarmi meglio sul significato di atomizzazione faccio due esempi:

    1/ mangiare un panino all’interno di un parco pubblico è un’azione individuale (“io mangio il mio panino”) che non esclude la presenza fisica, voluta o casuale, di altri individui (“io mangio il mio panino in compagnia dei miei amici/di chiunque mi stia accanto alla panchina”);

    2/ “parlare al telefono cellulare in una piazza” oppure “usufruire dei servizi igienici di una biblioteca” sono, per loro natura, delle azioni atomizzate pur trovandomi in uno spazio pubblico (“quando faccio uso dello spazio pubblico in questo modo, desidero non avere altre persone nelle immediate vicinanze/desidero essere da solo”).

    Concludo che, come e’ scritto nel testo della Carta, le tipologie dello spazio pubblico si distinguono anche in “spazi che presuppongono o favoriscono fruizioni individuali o atomizzate” e perciò, i due termini dovrebbero rimanere inalterati.

    Grazie per la pazienza