RIAPRONO I CENTRI RICREATIVI ESTIVI

di Claudio Tosi – CEMEA

Ripartono le attività estive per Bambini e adolescenti! Riapre la regione! La città. I Municipi .. Si torna a giocare, giusto? Con la mascherina, però… Ci si incontra?

Finalmente, gruppi di bambini e adolescenti potranno ritrovare luoghi e adulti dedicati, ma soprattutto coetanei con i quali ritrovarsi, scoprire, scambiare, divertirsi. È essenziale che tutto ciò accada, dopo mesi di isolamento e di socialità bidimensionale si torna a muoversi a tutto “volume”, a metterci gambe fiato e testa per correre e saltare, stare stesi sull’erba o in cima a un albero, parlare e inventare in piccoli gruppi e con i propri compagni. È una necessità psicofisica per ciascun essere umano, ma lo è ancor più intensamente per chi è nel pieno del suo sviluppo evolutivo, non lo si dimentichi! Nella drammatica sottovalutazione della condizione di bambini e ragazzi durante il lockdown l’unica dimensione per la quale sono stati ricordati sembra sia la loro condizione di studenti, ma certo questo non esaurisce la complessità delle loro esigenze e potenzialità.

A lungo, anche su queste pagine, abbiamo ribadito l’importanza del gioco, il Diritto al gioco, alla scoperta all’incontro con l’ambiente vivo e interagente.

Ora, dopo una lunga assenza seguita da una confusa esplosione, sovrapposizione, modifica di procedure autorizzative emanate da autorità diverse e sconfermate da quelle successive c’è un DPCM che stabilisce le ”Nuove opportunità per garantire ai bambini ed agli adolescenti l’esercizio del diritto alla socialità ed al gioco“ che ha permesso di mettere un po’ in fila le regole generali e dare risposte alle reti informali e di enti che da mesi insistevano sulla necessità di prevedere misure adeguate alla sicurezza, ma non penalizzanti per la libertà di espressione e esplorazione dei bambini.

Rispondere al bisogno di svago e socialità collegato alla sicurezza pone infatti questioni intorno al numero, alle attività e ai luoghi dove svolgerle.

Diciamo subito che per la prima volta possiamo godere di un rapporto funzionale tra adulti e bambini, fatto di piccoli gruppi crescenti, che vanno dall’1/1 della fascia 0/3 ai 5 per i 3/6 e via via a salire in accordo con età e grado di socialità, senza superare l’1/10. Gruppi di queste dimensioni danno sicurezza ai bambini, permettono l’affettività e una complessità gestibile sia da chi accompagna che da chi la vive.

Le attività previste sono le più diverse, sempre all’interno di una cornice di precauzioni e di consapevolezza che mette i bambini e adolescenti al riparo da sventatezze, ma che deve mettere in conto l’imprevedibile e l’inatteso, come eventualità concreta e ineludibile. Nessuna procedura assicura il “rischio zero” e questo è al centro del tema della corresponsabilità che sempre di più viene richiamata per la ripartenza dell’intero sistema educativo. Ipotizzare la “sicurezza assoluta” significherebbe automaticamente isolare ciascun bambino dagli altri e dargli come unico interlocutore un palombaro mascherato e irraggiungibile. È il tema sul quale il rapporto tra scuola e città avrà più da inventare e elaborare anche con la ripresa a settembre.

Sul terzo punto, i luoghi, quello che si apre in questi giorni è però uno scenario multiforme e variegato, che racconta di una paralisi e di una mancanza di programmazione interistituzionale drammatica.

Se prendiamo il caso di Roma abbiamo iniziative nella natura che fruiscono di spazi esterni ricchi e stimolanti per i quali il problema era proprio che non ci fosse un iter autorizzativo troppo tarato sui luoghi e soprattutto non collegato ad una preventiva autorizzazione da parte della ASL (come si certifica un bosco!?).

Chi opera nei quartieri ha invece necessità di poter usare locali pubblici che potrebbero con semplicità essere messi a disposizione da Comune e Municipi con un protocollo di utilizzo e di sanificazione univoco.

Ci si trova invece di fronte a scenari del tutto diversi tra chi ha una storia di rapporto con il territorio, chi la cerca, chi la sfugge trincerandosi dietro regolamenti imbarazzanti, chi la nega in nome di una sfiducia interistituzionale, che porta molti Dirigenti scolastici a negare l’uso delle scuole per tema di non vedersele restituite sanificate per la loro “funzione primaria”.

In questo è evidente il pericolo di ragionare per compartimenti stagni e con gerarchie di valori, che impedisce di riconoscere l’importanza del ludico e la necessità di preparare il terreno e valorizzare la autonomia dei bambini e il loro riabitare la città. Favorire l’ampliamento dell’orizzonte di respiro del bambino è essenziale sia nello sviluppo individuale che nell’incontro tra soggetti e intenti, per evitare che a settembre le problematiche di reinserimento siano diffuse e drammatiche.

E siamo così all’inizio di una lunga estate di mezze risposte e doppie spese, con costi massicciamente a carico delle famiglie, ritardi istituzionali per l’emissione di bandi e permessi, una responsabilità scaricata a chi si fa avanti per garantire socialità e inclusione, dopo mesi di isolamento che hanno esasperato la fragilità di chi già faticava a essere accolto dal gruppo e dalla cultura.

Molti Municipi hanno curato i rapporti con gli enti educativi e hanno organizzato, dove possibile assorbendo parte dei costi, un piano di attività estive aperto e diffuso; in altri pur senza un piano organico si assiste ad una presenza istituzionale matura, con accordi sulla qualità e una assunzione di criteri garantiti alle famiglie, pur a fronte di costi lievitati; per gli ultimi l’atteggiamento rimane succube nei confronti della Scuola, che nega i “suoi” locali anche a didattica ferma, e si arriva al paradosso di aggiungere costi per gli spazi ai programmi ricreativi pubblici.

Ma la città non rimane inerte e si distingue l’azione militante e volontaria di decine di gruppi territoriali, come la LAC, Libera Assemblea di Centocelle, i cui componenti hanno organizzato un calendario di proposte autofinanziate (per evitare esclusione sociale non paga chi le frequenta, ma il gruppo che le organizza) che verrà svolto in spazi pubblici aperti con il diretto consenso dei partecipanti. È attiva e diffusa una programmazione legata alle scuole e ai comitati di insegnanti e genitori (Pisacane, Di Donato, ecc.), che hanno monitorato l’efficacia della DaD e hanno un piano di riaggancio con chi ne è stato suo malgrado escluso.

Ci sono infine la tenace inventiva dell’associazionismo e del Terzo settore educativo, che si muove tra ostacoli e difficoltà per mettere in rete e sinergia le risorse e le professionalità, per permettere azioni abbordabili dalle tasche di famiglie impoverite, fragilizzate e spesso disorientate.

Non basterà un’estate a risolvere i problemi, ma sarà bene usarla tutta, per anticipare e provare a sciogliere i conflitti.