RIPENSARE IL GIOCO

Ciro Naturale, educatore e animatore di strada e di comunità

In questi giorni in cui tutte le attività educative e di animazione sono in stand by, i parchi pubblici sono chiusi e tutti i ragazzi e bambini sono chiusi in casa alle prese con la scuola a distanza,  la tecnologia. Molti troppi costretti a convivere in case piccole o nella migliore delle ipotesi in condomini ben regolamentati dove non possono mettere piede nemmeno fuori dall’uscio di casa.   Siamo in tanti, educatori e animatori dell’Infanzia e dell’adolescenza a interrogarci e ripensare a come dovrà essere il nostro lavoro. A come far ritornare a giocare e crescere insieme le centinaia e migliaia di ragazzi e bambini delle nostre città. Le domande sono tante e di non semplice risposta. In questi giorni ci siamo sentiti dire spesso che nulla sarà e potrà essere come prima e sembra molto più facile dirci solo quello che non possiamo più fare. La paura del nuovo ci travolge, toglie spazio al pensiero, il futuro educativo dei nostri giovani e bambini si fa più incerto e difficile da pensare. Le circostanze ci impongono quindi un rinnovato e più grande sforzo di immaginazione e di pensiero che metta insieme tutti gli aspetti tecnici e normativi da tener presente per continuare le nostre attività. Abbiamo paura di non poter più educare attraverso il gioco e le attività laboratoriali con quella prossimità fisica ed emotiva con cui siamo abituati a lavorare. Temiamo per la sopravvivenza dei centri educativi pomeridiani in cui si gioca, si dipinge, si fa teatro, il cui obiettivo principe è quello di coinvolgere nelle nostre attività il maggior numero di ragazzi, bambini ed educatori possibili per garantire maggiori opportunità di crescita per tutti. Le domande ci vengono più facili delle risposte. Potremo ancora organizzare centri di aggregazione giovanili in ambienti chiusi? Potremo ancora avere l’obiettivo di coinvolgere sempre più ragazzi e bambini? Potremo ancora farli giocare nella maniera in cui abbiamo sempre fatto? Quali dovranno essere le nuove misure di sicurezza e come possiamo e dobbiamo pensare alla sicurezza relazionale nei confronti dei più piccoli? Quali potranno essere le modalità i tempi e i luoghi adatti alle nostre attività educative? Come ripensare gli spazi dei parchi pubblici?

Rispetto al gioco credo sia opportuno rafforzare e moltiplicare le occasioni di gioco all’aperto riappropriandoci dei parchi pubblici in forma assistita vigliata con il sostegno di nuove e partecipate progettualità insieme alle istituzioni e alle realtà locali. Forse varrebbe la pena recuperare e implementare vecchie idee come quelle dei Ludo-bus itineranti con cui promuovere il gioco itinerante negli spazi urbani nelle ore del pomeriggio durante la bella stagione. Le associazioni e le realtà educative potrebbero incrementare la loro presenza nei parchi con giochi nuovi costruiti in legno o di alluminio facilmente disinfettabili e trasportabili da un posto all’altro per garantire un accesso più prossimale e meno affollato di bambini e famiglie in luoghi diversi. Dotare ogni parco verde di un magazzino di giochi da mettere a disposizione delle realtà educative che possano trovare e usare gli attrezzi del mestiere che si trovano già in loco. Dividere i ragazzi e bambini in piccoli gruppi che possono giocare in simultanea evitando così gli assembramenti e facilitando il lavoro degli educatori nella gestione delle distanze e del rispetto delle norme igienico-sanitarie.

Tante domande, tante ipotesi, tante incertezze, solo una cosa è certa: i giovani e i bambini devono tornare presto a incontrarsi, giocare, recitare, dipingere, fare sport se vogliamo garantire loro una crescita fisica, emotiva sana.